
Dall’ infanzia alla adolescenza, sino alle esperienze fatte nei vari seminari sparsi tra Vico del Gargano, Molise e Pietrelcina, questo ed molto altro, Michele Totta lo racconta in un libro autobiografico di fresca stampa dal titolo “I miei settant’anni: frammenti di memoria” che spazia attraverso un percorso narrativo fitto di ricordi, di particolari di vita vissuta, di fede e spiritualità, di impegno culturale, sopratutto poetico, affetti familiari, studi, lavoro, con una prosa asciutta impregnata di lirismo e contenuta da un forte sentimento di appartenenza.
Si tratta di un viaggio a ritroso nel tempo che l’Autore compie sostenuto dalla memoria, che inizia con sua nascita e prosegue sino agli oltre suoi settant’anni, occupando uno spazio temporale che va dal 1947 al 2022 (Covid), raccontando così ogni passaggio della sua esistenza sin nei particolari più intimi (familiari), con una cronaca precisa, lineare, costruita su fatti e circostanze che hanno determinato il suo vissuto.
Penso che avesse ragione, leggendo questo testo, la scrittrice irlandese Edna O’Brien quando scrive che la vita non è vissuta se non è raccontata, con chiaro invito a tutti di untraprendere questo gesto gratificante se non altro per non disperdere un ricordo di sé ma sopratutto per liberarsi a volte dei tanti fantasmi che vi agitano dentro. Michele Totta non ha segreti da nascondere né rimpianti da confessare ma, come egli stesso scrive, si sente appagato della vita che ha vissuto, conciliato con sé stesso e con il mondo intero.
Ed ecco allora che le pagine assumono un valore salvifico, estatico a volte sopratutto quando rivela le sue esperienze religiose e di fede, l’incontro con Padre Pio, la poesia, incontrata in tarda età, che sono tappe fondamentali lungo il cammino della vita, momenti che hanno ritemprato il suo spirito verso nuove sfide.
Ma il Michele Totta che meglio ci appartiene è quando traccia i suoi primi anni di vita nella San Marco degli anni quaranta/cinquanta, gli anni più difficili, la povertà fatta di privazioni. Poi nel 1956 avviene il trasferimento a San Giovanni Rotondo al seguito della famiglia con migliore prospettiva di vita. Ma la San Marco che egli ci descrive è una cronaca struggente, i suoi ricordi si inseguono lungo un filo tenero e nostalgico che coinvolge emotivamente anche noi. Ricorda la sua scuola elementare (La Balilla) come pure i personaggi caratteristici di un tempo : Ciro Bufé, (dal francese Buffet), alias Ciro Augello, Ludovico Cera, il cav. Bisceglie, Matteo Nido il calzolaio, Amedeo, Carlantonio, Torelli, gioiellieri, il fotografo Vincitorio (che non lo nomina ma si capisce dalla descrizione) che aveva il suo laboratorio sulla salita del “Purgatorio”, tutti nomi che evocano una stagione indimenticabile allorquando in paese pulsava una febbrile attività artigianale formata da tante piccole botteghe disseminate lungo strade e stradine sino alla presenza di eccellenze (orafi, manufatti, etc.) che esportavano i loro manufatti persino fuori zona. Era arrivato il dopoguerra che soffiava sul vento del cambiamento alimentando tanta speranza tra la gente, e la ricerca del benessere sembrava una prerogativa a portata di mano.
Poi Michele Totta, dopo il passaggio francescano, studia e diventa tecnico di Radiologia facendo le sue prime esperienze prima a Larino e Foggia finché non approda nel 1981 all’Ospedale di San Marco in Lamis. Un ritorno al paesello natio, al suo passato. Da questo momento in poi le nostre strade si incontrano poiché anch’io ero parte della struttura
sanitaria. Qui leggiamo i nomi, non senza emozione, dei tecnici storici che hanno operato per primi: Celeste Bevilacqua e Michele Franco, artigiani insostituibili. Poi tutti gli altri che
son venuti dopo quando il servizio era stato potenziato: Placentino, Baldinetti, Cirella, Calvitto, etc. oltre ai medici radiologi : Specchiulli, il dirigente responsabile, Delle Vergini, Palladino e Tricarico.
E fu proprio durante una delle pause di lavoro, tra una lastra e n’altra, che scoprii la sua passione poetica. Michele si era rivelato come poeta leggendomi con trasporto alcune sue liriche inedite, garbate, tenere e profonde, trasportandomi per un attimo indietro nel tempo ma apprezzando da subito quei versi che mi sembrava avessero un potere tale da colpirti nei sentimenti più profondi.